Un ponte tra Fotografia e Letteratura
In collaborazione con Yes We Lab, questa installazione vuole farsi ponte tra diverse forme d’espressione, in un dialogo tra Letteratura e Arte Visiva.
Il processo retrostante si è strutturato in tre fasi: una prima fase di coordinamento creativo, una seconda fase di scatto, a cura di Niccolò Barca, e una terza parte di sviluppo.
Le opere sono frutto di un dialogo silenzioso tra parola e immagine. Ogni fotografia vuole catturare e reinterpretare le suggestioni evocate dai romanzi editi dalla Narhval, offrendo una nuova dimensione visiva alle emozioni e creando un fil rouge che lega linguaggio letterario e linguaggio figurativo.
Alla base c’è una visione dell’arte in continuo divenire, che si contamina e decentra, nel tentativo di scoprirsi completa, travalicando i bordi del proprio stesso confine.
La scelta della tecnica è ricaduta sull’analogico: un’arte meccanica che permette di regolare tempo e spazio manualmente, la cui estetica non smette di affascinare.
L’istallazione ruota intorno ad un ossimoro: c’è un contemporaneo che scatta in analogico; c’è uno scrittore sommerso che emerge di nuovo, su carta e su pellicola; c’è una scrittrice emersa che si riverbera in foto d’archivio, sommerse. Si crea dunque quello che può essere definito un chiasmo semantico, in cui presente e passato si compenetrano.
Allo spettatore viene richiesto lo sforzo simultaneo, dittico – come le immagini scelte – di intraprendere un viaggio tra l’immagine e la reference. Solo con questo coinvolgimento l’operazione può dirsi riuscita: il lettore-osservatore s’immerge nella Roma attuale e passata di Mario Picchi, nei corpi metamorfici di Yoko Tawada, infrangendo il confine temporale, e lasciando crollare il muro che separa le arti.